6.2 Aspect ratio e il suo impatto narrativo

di Mara Verna

L’aspect ratio, o rapporto d’aspetto, è il rapporto matematico tra la larghezza e l’altezza dell’inquadratura. Ma definirlo in termini puramente tecnici sarebbe riduttivo. È la tela del pittore, la cornice attraverso cui lo spettatore osserva il mondo narrato. Questa scelta, compiuta dal regista e dal D.O.P., è una delle decisioni creative più influenti, poiché definisce i confini del mondo visivo e modella la percezione psicologica del pubblico.

Ogni rapporto d’aspetto porta con sé un’eredità storica ed emotiva. Il formato 1.37:1 (Academy Ratio), standard dell’epoca d’oro di Hollywood, con la sua forma quasi quadrata, focalizza l’attenzione sui volti, esaltando l’intimità delle performance. Può creare un senso di verticalità, ma anche di costrizione. Accanto a questo, è impossibile non citare il 4:3 (o 1.33:1), lo standard che ha definito l’era della televisione classica. La sua forma era quella dei vecchi televisori a tubo catodico e oggi il suo uso evoca un’estetica “retrò”, un immediato richiamo al passato.

Con l’avvento della televisione, il cinema reagì ampliando l’inquadratura per un’esperienza più spettacolare. Nacquero così i formati widescreen. Tra questi, il 16:9 (o 1.77:1) è diventato lo standard universale per l’alta definizione: televisori, monitor e video online. Rappresenta il compromesso ideale per una visione cinematografica e immersiva, offrendo un’esperienza avvolgente adatta sia ai film che ai contenuti digitali moderni. In ambito puramente cinematografico, il 1.85:1 si è affermato come uno standard versatile. Offre un campo visivo più naturale e bilanciato, sufficientemente ampio da contestualizzare i personaggi nel loro ambiente senza schiacciarli.

Il formato 2.39:1 (CinemaScope o Anamorfico) è invece sinonimo di cinema epico. La sua estrema larghezza è perfetta per esaltare la vastità dei paesaggi o per complesse scene d’azione. Può comunicare un senso di grandiosità o di profondo isolamento, posizionando un singolo personaggio in un ambiente immenso che lo sovrasta.

L’impatto narrativo più potente emerge quando il rapporto d’aspetto diventa uno strumento dinamico. In Mommy (2014), Xavier Dolan confina la narrazione in un opprimente formato 1:1. In una celebre scena, il protagonista allarga letteralmente i bordi dell’inquadratura con le mani, passando a un widescreen 1.85:1. Qui, la grammatica cinematografica si fonde con l’azione: l’espansione del quadro è la manifestazione visiva della sua catarsi emotiva.

In conclusione, la scelta dell’aspect ratio non è mai neutrale. È uno strumento psicologico che determina come lo spazio viene percepito, come i personaggi si relazionano con l’ambiente e, in definitiva, come la storia viene vissuta dallo spettatore.

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