C’è ancora domani


behind the scenes

Di Paola Verardi

Paola Cortellesi ci fa strada sul set della sua opera prima attraverso una lunga carrellata[3] laterale e ci presenta Delia, la protagonista interpretata dalla stessa Cortellesi, mentre compie giorno dopo giorno il suo destino. Ci troviamo nel secondo Dopoguerra, in un anno indefinito che solo alla fine del film scopriremo essere un anno molto speciale. Delia accetta la sua funzione di donna, moglie e madre senza diritti, condizione ancora oggi largamente condivisa. Vessata dal marito e disprezzata dalla figlia, Delia troverà proprio in quest’ultima il motore che la porterà ad emanciparsi e a cambiare il corso della Storia.

L’immaginario è dipinto in bianco e nero ed è frutto delle testimonianze che Paola ha raccolto da ragazza. In virtù di questa scelta Paola Comencini e Alberto Moretti hanno compiuto uno studio dettagliato, rispettivamente sulla scenografia e sui costumi, per distinguere gli abiti dalla tappezzeria. La casa è stata costruita a Cinecittà mentre gli esterni sono ambientati nel quartiere Testaccio di Roma, dal mercato al Bar Giolitti che esplode per davvero e non in vfx[4].

La violenza raccontata in maniera realistica e anche un po’ voyeuristica è stata messa in scena[1] molte volte, quello che Paola ha pensato di fare è di raccontarla in maniera metaforica, senza cliché. Come dichiarato dalla stessa regista, il suo senso del ridicolo non le consente di vivere un momento iper-drammatico (il ballo con Valerio Mastandrea) o iper-romantico (il 360 con Vinicio Marchioni) secondo i canoni del cinema classico. Per rendere la grandezza del momento, nella scena di massa con il crane che sorvola le teste della gente fino a scoprire dov’è diretta Delia sono state impiegate trecento figurazioni[2].

Paola Cortellesi approda alla regia cinematografica con un’opera insolita nonché riuscita, che mette tutti d’accordo sia sul set che in sala: per interpretare i grandi temi di oggi bisogna farsi carico delle conquiste di ieri perché i diritti che oggi ci appaiono scontati sono frutto delle battaglie di tutte quelle donne che hanno contribuito a costruire il nostro Paese.

Glossario
1. messa in scena.

Termine di origine teatrale (francese: mise-en-scène) che nel cinema indica l'arte del regista di disporre e orchestrare tutto ciò che appare all'interno dell'inquadratura (il frame). Include la posizione e i movimenti degli attori, la scenografia, l'illuminazione, i costumi e i movimenti della macchina da presa. È la "scrittura" visiva del film.

2. figurazioni.

figurazioni: le figurazioni sono le persone che compaiono in un film senza avere un ruolo recitativo vero e proprio. Si tratta di comparse che servono a riempire la scena e a dare l’idea di un contesto più ampio.

3. carrellata.

Un movimento di macchina che implica lo spostamento fisico dell'intera macchina da presa nello spazio, tipicamente montata su un carrello (spesso su binari) o un veicolo. A differenza della panoramica (dove la camera ruota sul suo asse) o dello zoom (movimento ottico), la carrellata modifica la prospettiva e la relazione spaziale tra i piani dell'immagine. Le sue varianti principali includono la carrellata a seguire (che segue il soggetto da dietro), a precedere (che lo anticipa, spesso con la camera in retromarcia) e laterale (che si muove parallelamente al soggetto, detta anche truck).

4. vfx.

VFX (dall'inglese Visual Effects) definisce tutte le immagini e gli effetti creati o modificati digitalmente, fuori dal contesto della ripresa dal vivo, per rendere scene impossibili, pericolose o costose da realizzare fisicamente, arricchendo la narrazione visiva. Include tecniche come la Computer-Generated Imagery (CGI) per creare elementi fantastici e l'integrazione di questi con le riprese reali attraverso il compositing. 

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