Il rapporto tra microfonista e Direttore della Fotografia (D.O.P.) è una delle collaborazioni più delicate sul set. Da una parte c’è l’esigenza di avere il microfono a giraffa (boom) il più vicino possibile agli attori per catturare un suono pulito e naturale; dall’altra, la necessità del D.O.P. di avere un’inquadratura libera da microfoni, aste e ombre indesiderate.
Il primo passo è conoscere le ottiche: con un grandangolo, il campo visivo è molto ampio e diventa quasi impossibile avvicinarsi con il boom senza entrare in quadro. Con ottiche più lunghe, invece, il microfonista può lavorare più vicino, ma deve comunque coordinarsi con il reparto luci per evitare di proiettare ombre.
Ogni giorno sul set c’è una negoziazione continua: il microfonista deve capire i limiti dell’inquadratura, adattarsi ai movimenti di macchina e trovare il giusto compromesso tra suono e immagine. È un lavoro di precisione e dialogo costante.
Il fonico di presa diretta e il microfonista, insieme, devono praticare una vera “diplomazia della fisica”: non si tratta solo di segnalare problemi tecnici (“c’è troppo riverbero”), ma di spiegarne le conseguenze produttive. Per esempio, un dialogo girato in un ambiente rumoroso o troppo riverberante costringerà la produzione a rifare le battute in doppiaggio (ADR), con perdita di tempo, budget e naturalezza.
In sintesi, un buon microfonista non è solo un tecnico del suono, ma un mediatore creativo, capace di comprendere l’immagine, prevedere i problemi e collaborare con ogni reparto per ottenere la miglior resa possibile — invisibile all’occhio, ma perfettamente udibile all’orecchio.