2.0 La struttura in tre atti

di Patrick Milano

La struttura in tre atti rappresenta il paradigma narrativo dominante nel cinema americano mainstream, un modello che organizza una storia in tre segmenti distinti ma interconnessi: un inizio (Setup), uno svolgimento (Confronto) e una fine (Risoluzione). Questa non è semplicemente una convenzione stilistica, ma un framework profondamente radicato che modella le aspettative del pubblico e guida il processo creativo dello sceneggiatore. La sua persistenza storica, dalle origini teatrali alla sua applicazione cinematografica, testimonia la sua efficacia nel catturare e mantenere l’attenzione dello spettatore.
Sebbene le radici siano antiche, la versione moderna e più influente della struttura in tre atti è indissolubilmente legata al nome di Syd Field. Negli anni ’70, attraverso i suoi libri e seminari, Field ha “tradotto” i principi aristotelici in un modello pratico, quasi ingegneristico, specificamente pensato per la sceneggiatura cinematografica di Hollywood. Il suo Paradigma, come lo ha definito, è diventato uno strumento fondamentale per generazioni di sceneggiatori e produttori. 

Field ha proposto una suddivisione temporale precisa per una sceneggiatura standard di 120 pagine (corrispondenti a circa 120 minuti di film): 

  • Atto I (Setup / Impostazione): occupa le prime 30 pagine circa (25% del totale). 
  • Atto II (Confrontation / Confronto): occupa le successive 60 pagine (50% del totale). 
  • Atto III (Resolution / Risoluzione): occupa le ultime 30 pagine (25% del totale).

L’innovazione più significativa di Field è stata l’introduzione di concetti chiave che fungono da snodi strutturali. I Plot Point (o punti di svolta) sono eventi cruciali che chiudono un atto e lanciano la storia in una nuova direzione, cambiando radicalmente la situazione del protagonista. Il Primo Plot Point chiude l’Atto I, mentre il Secondo Plot Point chiude l’Atto II. Field ha inoltre dato grande importanza al Midpoint, un evento situato al centro esatto dell’Atto II (e del film) che funge da ulteriore punto di svolta, dividendo di fatto il lungo secondo atto in due metà più gestibili e mantenendo alta la tensione. L’impatto del paradigma di Field è stato così profondo da rendere la sua interpretazione della struttura in tre atti lo standard de facto dell’industria cinematografica americana, un linguaggio comune per creativi e dirigenti.

La persistenza e il dominio di questo modello non derivano semplicemente da un’imposizione industriale. Piuttosto, rappresentano il culmine di una convergenza storica tra necessità tecnologiche (il palcoscenico teatrale), osservazione filosofica (la Poetica) e psicologia cognitiva (il bisogno umano innato di vedere un problema presentato, complicato e infine risolto). Questa profonda risonanza con i nostri schemi mentali di comprensione del mondo spiega perché la struttura in tre atti continua a essere la base da cui la maggior parte delle narrazioni, anche quelle più sperimentali, partono o a cui reagiscono.

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