Un obiettivo zoom[16], o focale variabile, è un’ottica[13] che permette di modificare la lunghezza focale[2] all’interno di un intervallo predefinito (come 24-70mm o 70-200mm) agendo semplicemente su una ghiera. Questa caratteristica lo rende uno strumento di straordinaria praticità e flessibilità.
Il vantaggio principale di un’ottica zoom[6] risiede nella sua impareggiabile versatilità e rapidità d’uso. La possibilità di passare da un campo largo[7] a un dettaglio[14] stretto in pochi secondi, senza dover spostare la macchina da presa[3] o sostituire l’obiettivo, è fondamentale in contesti produttivi dove il tempo è un fattore critico. Gli zoom sono indispensabili nelle riprese di eventi dal vivo, in ambito documentaristico o in scene complesse dove l’azione è imprevedibile. Consentono inoltre di realizzare effetti specifici, come la “carrellata ottica[4]” (la classica zoomata), che modifica la prospettiva[8] e la percezione dello spazio. Sul piano pratico, l’uso di uno zoom riduce il numero di lenti da trasportare e minimizza il rischio di contaminare il sensore[15] con polvere durante i cambi sul set.
Tuttavia, questa flessibilità ha un costo. La complessa architettura meccanica e ottica, necessaria per consentire la variazione della focale, introduce inevitabilmente dei compromessi qualitativi. Sebbene i moderni zoom cinematografici di fascia alta offrano prestazioni eccellenti, faticano a eguagliare la nitidezza[11] assoluta e il controllo delle aberrazioni delle migliori ottiche fisse. Generalmente, gli zoom sono anche meno luminosi, con aperture massime che si attestano tipicamente su T2.8 o valori inferiori, e sono notevolmente più ingombranti, pesanti e costosi rispetto alle loro controparti a focale fissa.
Lo svantaggio più evidente è la loro scarsa flessibilità. L’impossibilità di variare rapidamente l’inquadratura[9] le rende meno adatte a contesti imprevedibili, come documentari o scene d’azione, dove cambiare lente potrebbe significare perdere l’attimo fuggente. Questo limite, tuttavia, impone un approccio più deliberato e pianificato alla messa in scena[5], spingendo regista e D.O.P. a una maggiore precisione compositiva.
La scelta tra queste due filosofie dipende interamente dalla natura del progetto. Un’opera intima e visivamente controllata come “Moonlight” di Barry Jenkins ha privilegiato le ottiche fisse per esaltare la resa emotiva dei volti e la qualità dell’immagine. Al contrario, per un film come “The Revenant“, il direttore della fotografia[1] Emmanuel Lubezki ha utilizzato ampiamente zoom grandangolari per immergersi nell’azione brutale, adattando l’inquadratura in tempo reale[12] agli eventi. In sintesi, la focale fissa è lo scalpello del chirurgo, preciso e perfetto; lo zoom è il versatile strumento multifunzione, pronto a tutto.
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Il Direttore della Fotografia (DOP, Director of Photography) è il responsabile dell'aspetto visivo e tecnico di una produzione cinematografica. Il suo compito principale è tradurre la visione del regista in immagini, attraverso la gestione della luce, delle ombre, delle inquadrature e della composizione. Lavora a stretto contatto con il regista, la troupe tecnica e altri reparti (come scenografia, costumi e trucco) per definire lo stile visivo del film, scegliere l'attrezzatura (telecamere, obiettivi, luci) e supervisionare la ripresa, garantendo coerenza e qualità dall'inizio alla post-produzione.
(focal length) La distanza, misurata in millimetri (mm), tra il centro ottico dell'obiettivo e il sensore della macchina da presa, quando l'obiettivo è messo a fuoco all'infinito. È il parametro che definisce l'angolo di campo e il livello di "ingrandimento": una lunghezza focale corta (es. 24mm) è un grandangolo (campo visivo ampio), mentre una lunga (es. 100mm) è un teleobiettivo (campo visivo stretto).
macchina da presa: apparecchiatura utilizzata per registrare le immagini in un film o in una produzione video. Essa comprende il corpo principale della macchina, l’obiettivo, i meccanismi di registrazione e altri accessori necessari per catturare le immagini.
(zoomata) Un effetto visivo ottenuto durante la ripresa variando la lunghezza focale dell'obiettivo (zoomando), senza spostare fisicamente la macchina da presa. Una zoomata in avanti (da grandangolo a teleobiettivo) stringe l'inquadratura sul soggetto, comprimendo la prospettiva. A differenza della carrellata (dolly), che muove la camera nello spazio mantenendo la prospettiva, la zoomata altera la relazione prospettica tra soggetto e sfondo.
Termine di origine teatrale (francese: mise-en-scène) che nel cinema indica l'arte del regista di disporre e orchestrare tutto ciò che appare all'interno dell'inquadratura (il frame). Include la posizione e i movimenti degli attori, la scenografia, l'illuminazione, i costumi e i movimenti della macchina da presa. È la "scrittura" visiva del film.




