In fase di pre-produzione la relazione tra regista e D.O.P. si consolida attraverso un profondo processo di scoperta. Partendo dalla sceneggiatura[4], i due scompongono la storia per definirne il nucleo emotivo, traducendolo in un linguaggio visivo[1] condiviso, spesso concretizzato in un “look book[7]”. In questa fase un regista può descrivere una scena come “opprimente” e il D.O.P., insieme agli altri reparti, traduce quell’aggettivo in un piano d’azione coordinato, per esempio: un’illuminazione low-key proposta dal D.O.P., una stanza dai soffitti bassi e dai colori scuri suggerita dallo scenografo[8], o abiti pesanti e costrittivi ideati dal costumista[9].
La simbiosi più stretta è forse quella con il reparto di scenografia. Ogni scelta dello scenografo ha una conseguenza diretta sulla luce. Una parete dipinta di un rosso saturo non è solo una scelta estetica. Per il D.O.P. è una potenziale fonte di dominante cromatica che “inquina” il tono della pelle dell’attore. Una superficie lucida riflette i proiettori, mentre un materiale poroso assorbe la luce, richiedendo più potenza. Le fonti di luce diegetiche “practical lights[2]”– le lampade, le insegne al neon, i televisori che vediamo in scena – sono il terreno comune dove la collaborazione diventa cruciale. Lo scenografo le sceglie per il design, mentre il D.O.P. le valuta per la loro funzionalità: che tipo di luce emettono? È dimmerabile[5] (variabile)? La loro posizione è strategica per illuminare gli attori o è necessario integrare con fonti esterne? Anche la posizione e la grandezza delle finestre, le principali fonti di luce naturale, sono oggetto di dialogo per ottimizzare le riprese.
Il confronto prosegue con il costumista e il truccatore, in un’analisi che scende fino al dettaglio[11] della grana di un tessuto o della texture[12] di un fondotinta. Il D.O.P. deve conoscere in anticipo i colori e i materiali degli abiti per prevederne la reazione alla luce. Un abito di seta[13] richiede una luce più morbida e diffusa per evitare riflessi speculari (“bruciature“), mentre un maglione di lana grezza può essere esaltato da una luce più radente che ne riveli la texture. Allo stesso modo, il dialogo con il reparto trucco è fondamentale. Un trucco concepito per apparire “naturale” e luminoso potrebbe creare riflessi indesiderati sotto una luce dura[10]. Viceversa, un trucco prostetico[3] o una cicatrice finta necessitano di una luce precisa, spesso laterale, per apparire tridimensionali e credibili. La capacità del D.O.P. sta nel saper usare la luce non solo per illuminare, ma per esaltare, nascondere o trasformare il lavoro di questi reparti. L’inquadratura[6] finale non è mai l’opera di un singolo, ma la sintesi armoniosa di una visione collettiva, orchestrata per servire la storia.
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L'insieme di tutte le scelte stilistiche (composizione, illuminazione, colore, movimenti di macchina) utilizzate in modo coerente per comunicare la storia, le emozioni e i temi di un film. Come un linguaggio parlato ha parole e grammatica, quello visivo usa le immagini per trasmettere significati che vanno oltre il dialogo.
(o luci diegetiche) Tutte le fonti luminose che sono visibili all'interno dell'inquadratura e fanno parte della scenografia (es. lampade da tavolo, insegne al neon, candele, schermi TV). Sono un punto d'incontro cruciale tra D.O.P. (che ne valuta la funzionalità e la qualità della luce) e Scenografo (che ne cura il design e il posizionamento).
Tecnica di make-up (effetti speciali) che utilizza protesi (spesso in silicone, lattice o gelatina) applicate sul corpo o sul volto di un attore per alterarne la fisionomia, creare ferite, mostri o effetti di invecchiamento. Richiede un'illuminazione specifica per apparire credibile e tridimensionale.
La sceneggiatura è il progetto scritto e strutturato di un film, che contiene le descrizioni di ogni scena, i dialoghi, le azioni dei personaggi e le indicazioni visive e sonore, fungendo da "film su carta". Essa costituisce il primo passo fondamentale per la realizzazione di qualsiasi opera cinematografica, televisiva o di videogiochi, guidando registi, attori e troupe nella trasformazione di un'idea in un prodotto visibile.
Attributo di una fonte luminosa (proiettore o practical light) la cui intensità può essere regolata (aumentata o diminuita) tramite un dispositivo chiamato "dimmer". Questa funzione è cruciale sul set per permettere al D.O.P. di bilanciare finemente la luce di una lampada in scena senza doverla spostare.





