3.8 L’occhio del D.O.P.: come la lunghezza focale cambia la storia

di Mara Verna

Oltre alla scelta tra focale fissa e zoom, la lunghezza focale stessa è uno degli strumenti narrativi più potenti a disposizione del cineasta. È una distanza espressa in millimetri tra il centro ottico dell’obiettivo e il sensore della camera, che determina non solo “quanto” della scena viene inquadrato (il campo visivo), ma anche “come” viene percepita la relazione spaziale tra gli elementi (la prospettiva). Le lunghezze focali corte offrono un campo visivo ampio, mentre quelle lunghe lo riducono. Le lenti si classificano convenzionalmente in tre categorie principali, ciascuna con un impatto psicologico e visivo distinto:

Lenti grandangolari (wide-angle Lenses)

  • Caratteristiche tecniche: hanno una lunghezza focale corta (indicativamente sotto i 35mm su un sensore Super 35). Catturano un ampio campo visivo.
  • Impatto visivo: esagerano la percezione della profondità, facendo apparire gli oggetti in primo piano più grandi e quelli in background più piccoli e distanti. Gli spazi sembrano più vasti. Ai bordi dell’inquadratura possono introdurre una distorsione a “rigonfio” (come una pressione che spinge l’immagine dal centro verso l’esterno), soprattutto nelle focali più estreme (ultra-wide).
  • Uso narrativo: sono ideali per i campi lunghi e le inquadrature d’ambiente (establishing shots) per contestualizzare la scena. Possono essere usate per coinvolgere lo spettatore nell’azione, come nelle sequenze di combattimento corpo a corpo, o al contrario, per creare un senso di alienazione e distorsione psicologica quando usate in primi piani, deformando i tratti del volto in modo grottesco.

Lenti normali (normal lenses)

  • Caratteristiche tecniche: hanno una lunghezza focale intermedia (solitamente tra 35mm e 65mm su Super 35).
  • Impatto visivo: riproducono il campo visivo e una prospettiva che si avvicinano molto a quella umana. La relazione tra soggetto e sfondo appare naturale, senza distorsioni o compressioni significative.
  • Uso narrativo: sono considerate le lenti “oggettive” o “invisibili“. Il loro utilizzo crea un’esperienza visiva realistica e non manipolata, che permette allo spettatore di sentirsi un osservatore presente ma non invadente. Sono ottime per le scene di dialogo, in quanto non distraggono dalla performance attoriale e favoriscono l’immedesimazione.

Teleobiettivi (telephoto lenses)

  • Caratteristiche tecniche: hanno una lunghezza focale lunga (generalmente sopra i 70mm). Catturano un campo visivo molto ristretto.
  • Impatto visivo: il loro effetto più caratteristico è la compressione della prospettiva: schiacciano i piani visivi, facendo apparire lo sfondo molto più vicino al soggetto di quanto non sia in realtà. Producono una profondità di campo molto ridotta, isolando efficacemente il soggetto e creando un bokeh pronunciato.
  • Uso narrativo: perfetti per i primi piani e i ritratti, in quanto appiattiscono leggermente i tratti del viso in modo lusinghiero. Vengono spesso utilizzati per generare un senso di sorveglianza, come se la scena fosse osservata da lontano. La compressione può anche essere usata per comunicare un senso di oppressione o per enfatizzare la folla che circonda un personaggio, facendolo apparire intrappolato.

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