- Montaggio Alternato[2]: consiste nell’alternare inquadrature di due o più azioni che si svolgono contemporaneamente in luoghi diversi, destinate a incontrarsi o a risolversi nello stesso momento. Questa tecnica, sviluppata già da D.W. Griffith agli inizi del Novecento, è utilizzata per costruire suspense e intensità drammatica. Un esempio emblematico si trova ne Il Padrino (1972) di Francis Ford Coppola, dove la sequenza del battesimo del nipote di Michael Corleone si intreccia con una serie di omicidi orchestrati dal protagonista. Il contrasto[9] tra la sacralità del rito e la brutalità delle esecuzioni crea un effetto dirompente, in cui il montaggio diventa strumento di ironia tragica e potenza simbolica.
- Montaggio Parallelo[3]: diverso dal montaggio alternato, quello parallelo non si basa sulla simultaneità, ma sull’analogia concettuale o simbolica tra eventi lontani nel tempo e nello spazio. È un montaggio che genera pensiero, perché invita lo spettatore a cogliere un legame ideale o ideologico tra le immagini. Sergej Eisenstein lo utilizzò magistralmente in Sciopero! (1925), accostando la repressione violenta degli operai a un bue sgozzato in un mattatoio.
- Montaggio Ellittico[4]: è una delle tecniche più eleganti ed economiche del linguaggio cinematografico. Consiste nell’eliminare una parte dell’azione, lasciando che il pubblico completi mentalmente ciò che non viene mostrato. L’ellissi riduce il tempo narrativo e conferisce ritmo al racconto. L’esempio più celebre si trova in 2001: Odissea nello spazio (1968) di Stanley Kubrick: l’osso lanciato da un primate si trasforma, con un solo taglio, in un’astronave in orbita. In un istante, milioni di anni di evoluzione vengono condensati in una sola transizione visiva.
- Montaggio Discontinuo[1]: contrapposto alla logica classica della continuità, il montaggio discontinuo espone l’artificio cinematografico invece di nasconderlo. Il suo obiettivo è scuotere lo spettatore, rompendo la fluidità narrativa per spingerlo a una visione critica. Il jump cut[10], o taglio a salto, è la tecnica più rappresentativa di questo approccio: si tratta di un taglio improvviso all’interno della stessa inquadratura[5] che produce un effetto di scarto o salto temporale. Jean-Luc Godard ne fece un uso rivoluzionario in Fino all’ultimo respiro (1960), trasformando il montaggio in un linguaggio frammentato e anticonvenzionale.
- Match Cut[7]: Un taglio che collega due scene diverse basandosi su una somiglianza visiva, sonora o di movimento (es. la forma dell’osso che corrisponde a quella dell’astronave).
- J-Cut[12] (Audio lead): L’audio della scena successiva inizia prima che cambi l’immagine. Serve a introdurre dolcemente una nuova scena o un nuovo interlocutore.
- L-Cut[13] (Video lead): L’audio della scena corrente continua sopra l’inizio dell’immagine successiva. Utile per lasciar risuonare un’emozione o una battuta nel nuovo contesto.
- Insert[14] / Cutaway[15]: Stacco su un dettaglio[11] o un oggetto pertinente alla scena per coprire un errore di continuità o dare un’informazione visiva.
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Stile di montaggio che infrange deliberatamente le regole della continuità classica (o continuity system) per rendere evidente la natura artificiale del film o per creare specifici effetti ritmici ed emotivi.
A differenza del montaggio invisibile, che cerca di nascondere i tagli per favorire l'immersione dello spettatore, il montaggio discontinuo utilizza tecniche come il jump cut (taglio a saltelli sullo stesso asse), il falso raccordo o lo scavalcamento di campo. Reso celebre dalla Nouvelle Vague (in particolare da Jean-Luc Godard in Fino all'ultimo respiro), serve spesso a generare un senso di straniamento, a velocizzare l'azione eliminando i tempi di transizione o a enfatizzare la frammentazione psicologica dei personaggi.
Tecnica di montaggio che alterna inquadrature di due o più azioni che si svolgono simultaneamente in luoghi diversi, ma che sono destinate a convergere nello stesso spazio e tempo o che sono legate da un rapporto di causa-effetto immediato. L'esempio classico è la sequenza di un inseguimento (guardia e ladro) o di un salvataggio all'ultimo minuto (last minute rescue), dove l'alternanza crea suspense e anticipa l'incontro finale tra i soggetti coinvolti. A differenza del montaggio parallelo, qui le linee narrative si intersecano concretamente.
Tecnica di montaggio che alterna inquadrature o sequenze appartenenti a due o più linee narrative distinte che si svolgono contemporaneamente in luoghi diversi.
Viene utilizzata per creare tensione, dinamismo o per stabilire un legame simbolico tra le diverse situazioni (es. il battesimo e gli omicidi ne Il Padrino). Spesso confuso con il montaggio alternato (in cui le azioni sono destinate a convergere fisicamente nello stesso luogo, come in un inseguimento), il montaggio parallelo può unire eventi che rimangono spazialmente separati ma connessi temporalmente o tematicamente.
Tecnica di montaggio che riduce la durata di una sequenza omettendone parti dell'azione (ellissi temporali) considerate superflue o non necessarie ai fini narrativi.
Il suo scopo principale è contrarre il tempo filmico rispetto al tempo reale, eliminando i "tempi morti" (come il semplice spostamento di un personaggio da un luogo all'altro) per dare ritmo al racconto. Lo spettatore è chiamato a colmare mentalmente i vuoti tra le inquadrature. Può essere realizzato in modo invisibile (rispettando la continuità logica) o visibile, attraverso l'uso intenzionale di jump cut (salti all'interno della stessa inquadratura) o dissolvenze, per evidenziare il passaggio del tempo. Celebre è l'ellissi di 2001: Odissea nello spazio (l'osso che diventa astronave), che riassume millenni di evoluzione in un solo stacco.
L'unità minima del linguaggio cinematografico. Tecnicamente, è la porzione di spazio (fisico o virtuale) delimitata dai bordi dell'obiettivo della macchina da presa. Nel montaggio, corrisponde a una registrazione continua tra due stacchi (tagli).





