1.4 Sergej M. Eisenstein: la “teoria del conflitto” e il “montaggio intellettuale”

di Francesco Vernice e Barbara De Santis

Tra i teorici del cinema sovietico, Sergej M. Eisenstein fu la voce più rivoluzionaria. A differenza di Vsevolod Pudovkin, che vedeva il montaggio[3] come una costruzione progressiva di significato, Eisenstein lo considerava un campo di battaglia visivo. Per lui, le immagini non dovevano sommarsi armoniosamente, ma entrare in conflitto[4]. L’atto di montare diventava così un processo di collisione, dove ogni inquadratura[1] si scontrava con la successiva per produrre una scintilla di senso nuova, capace di generare emozione e riflessione.

Eisenstein sosteneva che “la giustapposizione di due frammenti di film assomiglia più al loro prodotto che non alla loro somma”. Da questa idea nacque la sua “teoria delle attrazioni“, secondo cui il montaggio non unisce, ma provoca. L’accostamento di due immagini deve creare uno scontro visivo o concettuale — di forma, di luce, di ritmo, di direzione — che costringe lo spettatore a reagire. Non si tratta solo di raccontare una storia, ma di far pensare, di trasformare l’esperienza cinematografica in un atto di partecipazione intellettuale.

Il suo film Sciopero! (1925) rappresenta in modo esemplare questa visione. In una delle sequenze più celebri, Eisenstein alterna le immagini della violenta repressione di uno sciopero con quelle di un bue macellato. Il montaggio non si limita a mostrare due eventi paralleli: li mette in collisione per generare un significato terzo — la macellazione del proletariato — che nasce nella mente di chi guarda. L’effetto non è solo emotivo, ma ideologico:lo spettatore non subisce la storia, la interpreta, diventando parte attiva del discorso politico del film.

Con Eisenstein, il montaggio diventa dialettica visiva: ogni inquadratura è una tesi, quella successiva la sua antitesi, e dal loro scontro nasce una sintesi, un’idea nuova. Il cinema, così, non è più un semplice racconto per immagini, ma un linguaggio capace di esprimere concetti astratti e universali. Il montatore, in questa prospettiva[2], non è un tecnico che collega scene, ma un pensatore che organizza il conflitto visivo per trasformarlo in significato.

Attraverso questa concezione, Eisenstein trasformò il montaggio da strumento narrativo a mezzo di pensiero, ponendo le basi per una forma di cinema capace di unire arte, emozione e filosofia.

Glossario
1. inquadratura.

L'unità minima del linguaggio cinematografico. Tecnicamente, è la porzione di spazio (fisico o virtuale) delimitata dai bordi dell'obiettivo della macchina da presa. Nel montaggio, corrisponde a una registrazione continua tra due stacchi (tagli).

2. prospettiva.

La rappresentazione della tridimensionalità (profondità) su un'immagine bidimensionale. In cinematografia, si riferisce alla percezione della relazione spaziale tra gli oggetti e tra il soggetto e lo sfondo. La prospettiva non è determinata dalla lente, ma dalla distanza della camera dal soggetto. Le lenti (grandangolari o teleobiettivi) si limitano a "esagerare" o "comprimere" questa relazione.

3. montaggio.

Processo di post-produzione in cui le singole inquadrature (shot) girate sul set vengono selezionate, tagliate e ordinate in una sequenza specifica per costruire le scene e narrare la storia. Il montaggio definisce il ritmo, la continuità e la struttura narrativa del film.

4. conflitto.

Il motore fondamentale del dramma; l'opposizione che il protagonista deve affrontare. Si divide in due livelli che definiscono la storia: il conflitto esteriore (la trama, la lotta contro l'antagonista) e il conflitto interiore (l'arco del personaggio, la lotta contro il proprio difetto tragico).
Può essere:

  • interiore: la lotta psicologica, morale o emotiva del protagonista contro sé stesso (es. contro la propria paura, orgoglio, un trauma passato). Il superamento (o il fallimento) di questo conflitto determina l'arco di trasformazione del personaggio.
  • esteriore: l'ostacolo fisico o la forza antagonista che si oppone al protagonista e al raggiungimento del suo obiettivo. È ciò che genera la trama (l'azione, gli inseguimenti, le discussioni, le battaglie).

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