5.1 Il segreto per un dialogo efficace

di Patrick Milano

Esiste una distinzione critica e spesso fraintesa tra dialogo realistico e dialogo verosimile. Trascrivere una conversazione reale e inserirla in una sceneggiatura sarebbe un errore catastrofico. Il parlato quotidiano è pieno di esitazioni, ripetizioni, false partenze, divagazioni e frasi incomplete che, sebbene autentiche, risulterebbero noiose e drammaticamente inefficaci sulla pagina e sullo schermo.

  • Il Dialogo come Finzione Stilizzata. Il dialogo cinematografico non è una copia della realtà, ma una sua stilizzazione. Deve suonare reale, ma essere al contempo conciso, mirato e funzionale. Ogni parola deve guadagnarsi il suo posto nella sceneggiatura. L’obiettivo non è il realismo ma la verosimiglianza: la creazione di un’illusione di realtà che sia coerente con il mondo della storia e i suoi personaggi.
  • Tecniche per la Verosimiglianza. Per ottenere un dialogo che suoni naturale pur essendo costruito, gli sceneggiatori possono impiegare diverse tecniche. Queste includono l’uso di un linguaggio colloquiale, interruzioni, sovrapposizioni e un ritmo che imita quello delle conversazioni reali. Tuttavia, questi elementi devono essere usati con parsimonia e sempre al servizio di un obiettivo narrativo, per evitare di cadere nel caos del parlato reale. In sintesi, si deve simulare la realtà, non copiarla.

Un dialogo efficace è la diretta emanazione di un personaggio complesso e ben definito. Esiste una catena causale gerarchica che governa la creazione di un parlato autentico. Alla base di questa catena si trova l’identità statica del personaggio, ovvero chi egli è nelle sue componenti fondamentali. Il modello tridimensionale di Lajos Egri — che analizza la fisiologia, la sociologia e la psicologia — fornisce una mappa dettagliata per costruire questa identità. Tuttavia, un personaggio, per quanto dettagliato, rimane inerte senza una spinta all’azione. Questa spinta è la sua motivazione dinamica, che scaturisce da un conflitto interiore profondo. Tale conflitto è spesso generato da una ferita psicologica (“ghost”) del passato, un trauma irrisolto che alimenta una falsa credenza sul mondo e su sé stessi. Questa credenza errata crea una frattura tra ciò che il personaggio pensa di volere (desiderio) e ciò di cui ha veramente bisogno per guarire e raggiungere la completezza (bisogno).

La voce unica del personaggio è il risultato finale di questo sistema: è il comportamento verbale attraverso cui la sua identità statica, spinta dalla sua motivazione dinamica, si manifesta nel mondo. Un dialogo debole, piatto o incoerente è quasi sempre il sintomo di una debolezza in uno dei livelli precedenti di questa catena causale.

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